Segnali positivi di consolidamento e di inversione di tendenza arrivano dalla filiera nazionale dell’acciaio, che già lo scorso anno ha mantenuto e, in certi casi, migliorato i propri risultati economici rispetto al 2017. Restano comunque evidenti alcuni criticità: la riduzione del valore aggiunto sul fatturato, la perdita di redditività dei centri servizio, una leggera flessione del margine sulle vendite e la precaria solidità di alcuni settori, nello specifico quello della distribuzione e del commercio di rottame e ferroleghe.

Questa è l’istantanea emersa dallo ricerca effettuata dall’Ufficio Studi siderweb in occasione del primo dei quattro appuntamenti in programma per Bilanci d’Acciaio 2019. L’analisi valuta il contesto reddituale, finanziario e patrimoniale delle imprese siderurgiche del nostro Paese attraverso la lettura dei dati dei bilanci di esercizio 2018.

I bilanci complessivamente presi in esame sono 5500 così ripartiti: 1800 della filiera “stretta” (produzione di acciaio e prima trasformazione, commercio di rottame e ferroleghe, taglio e lavorazione della lamiera e distribuzione), 3200 della filiera “allargata” (gli utilizzatori) e 500 tra gruppi di imprese estere della produzione e distribuzione dell’acciaio.

Fatturato e redditività in miglioramento

Il fatturato totale della filiera siderurgica in senso stretto nel 2018 è stato circa di 71 miliardi di euro (erano 64 nel 2017, +11,3%), mentre il reddito netto è ammontato a 1,8 miliardi di euro (+12,2% rispetto al 2016). La redditività ha segnato un incremento in diversi cluster, ma nonostante questo le scelte gestionali, nello specifico in alcuni settori, non sono riuscite a ottimizzare il valore aggiunto (10,2 miliardi euro in totale, +5,5%). L’incidenza del valore aggiunto sul fatturato è calata al 14,3% dal 15,1% del 2017. Il 66,2% del valore aggiunto complessivo è ricavato dalla produzione e prima trasformazione dell’acciaio, il 14% dalla sua distribuzione, il 7,5% dai centri servizio, il 6,8% dal comparto del taglio e lavorazione della lamiera e il rimanente 5,5% dal commercio del rottame e delle ferroleghe.

Nel complesso, le imprese hanno stabilizzato il rapporto di indebitamento e presentano un buon equilibrio in termini di manovre finanziarie. Il costo del denaro molto ridotto potrebbe inoltre incentivare nuovi investimenti relativi a impianti e macchinari, ai quali è riconducibile anche la parte preponderante delle immobilizzazioni in corso.

Il contesto operativo italiano

In Italia nel 2018 la produzione di acciaio è aumentata dell’1,9%, in rallentamento rispetto al +3% rilevato nell’anno precedente. La frenata si spiega con la contrazione della produzioni di laminati piani (-1,6%), mentre quella di laminati lunghi è cresciuta del 4,1%. La creazione di acciai legati evidenzia un incremento superiore alla media, toccando un nuovo massimo storico con una incidenza sulla produzione totale che è salita del 23%.

Le importazioni di prodotti siderurgici (compresi semilavorati, lingotti e prodotti della prima trasformazione) si sono attestate a 20,8 milioni di tonnellate, con un miglioramento del 4,7% sul 2017. Le esportazioni si sono invece fermate a 17,6 milioni di tonnellate (-0,5%). Il dato relativo allo scambio con l’estero di prodotti siderurgici segna quindi un valore negativo pari a 3,3 milioni di tonnellate (contro le 2,3 dell’anno precedente).

I prezzi delle materie prime del comparto siderurgico hanno registrato nel 2018 andamenti paragonabili dal punto di vista della tendenza di fondo, tranne per il rottame. Le quotazioni medie annue in euro del minerale di ferro e del carbon coke hanno avuto flessioni rispettivamente del 6,6% e del 10,1% rispetto al 2017, mentre il prezzo del rottame è cresciuto del 10,7%.

Le previsioni per il 2019

Nei primi 8 mesi del 2019, l’andamento del settore siderurgico è stato influenzato dalla prosecuzione della fase di rallentamento dell’economia globale, provocata anche dalle tensioni commerciali internazionali e dall’indebolimento del ciclo economico. La produzione mondiale di acciaio è comunque aumentata con una percentuale solo di poco inferiore a quella registrata nello stesso periodo del 2018. Artefice di questo incremento è ancora la Cina, la cui produzione di acciaio tocca un +9%, compensando invece la tendenza al segno negativo del resto del mondo. Nei paesi della UE si è ridotta del 2,9%, con flessioni più marcate nelle nazioni principali produttrici: Germani (-4,4%) e Italia (-4,5%).

La riduzione della domanda di acciaio da parte dei settori utilizzatori (in primis l’automotive) e le oscillazioni dei prezzi delle materie prime condizioneranno fatturato, margini e utili delle imprese della filiera siderurgica (il comparto più penalizzato sarà probabilmente quello della produzione di laminati piani).

Dati e analisi a cura di siderweb.